DON ERNESTO SIRANI

Lettera di Don Ernesto ad un carissimo amico Don Adelino Montanelli



Progetto  acquedotto a Jangas Perù WATZAPAMPA e SHINUA  a cura di   Don Ernesto Sirani

 

TALLER DON BOSCO  - Don Ernesto Sirani -Jangas

Una Scuola gratuita d'arte per ragazzi campesinos. Dove imparano a lavorare, intagliare e scolpire la pietra e il legno.

Dove? a Jangas, un paesino delle Ande peruviane, a 2750 mt di altezza a 20 Km dalla città di Huaraz (il capoluogo della regione) in mezzo alle due cordigliera (Blanca e Negra)

..... vogliamo seguire don Bosco che ci ricorda la cosa più importante della vita: salvarsi l’anima aiutando i poveri.

Padre Ernesto Sirani - dal Sito Salesiano

Sulla Cordigliera vicino al cielo

Io continuo

Don Ernesto Sirani missionario in Perù

 

«Sono parroco nella parrocchia S. Josè di JANGAS a 2750 m di altezza nella vallata di Huaylas dove scorre il Rio Santa, a 20 minuti di macchina a nord di Huaraz, a 700 km a nord di Lima, nella regione Ancash in mezzo alle due cordigliere: Bianca e Negra. 
Ho 30 comunità sparse sui fianchi delle due Cordigliere; alcune a 3400 m di altezza. Lo spettacolo delle cime innevate (dai 6000 metri in su) è da mozzafiato quando il cielo è limpido. 
Ma lo spettacolo più commovente sono i campesinos chini sulla terra in perenne lotta per strappare il necessario per sopravvivere».

 

Perché sei partito?

Sono andato in missione perché facevo parte dell’OMG ed ho avuto la fortuna di conoscere don Luigi Melesi, mio Direttore nella casa salesiana di Darfo (Brescia) reduce dalla prima spedizione Operazione Mato Grosso nel 1967; poi sono entrato in contatto con don Ugo De Censi negli anni della teologia a Torino. Conoscevo tanti giovani che andavano in missione in Brasile, Ecuador, Bolivia. E parlavano della loro esperienza in modo entusiastico. A contatto con i poveri cambiavano modo di pensare!

Qual era il tuo sogno?

Avevo 35 anni ed ero nel pieno delle forze. E sognavo di spendere la vita per i poveri; figlio di genitori contadini bresciani, persi mio padre all’età di 7 anni (nel ’52) in un evento tragico dove persero la vita 5 fratelli, tutti padri di famiglia nel tentativo eroico di salvare la vita l’uno dell’altro, asfissiati dai gas di un pozzo di liquame delle mucche. Un ricordo che mi è stato impresso per sempre nel cuore!

Ragazzetto, frequentavo l’ambiente dei Salesiani a S. Bernardino, la casa aspirantato per tanti, tanti salesiani. Prima della partenza in Perù, facevo l’assistente alla squadra dei “grandi” ad Arese. Rimasi 6 anni e sentivo il bisogno di rifarmi “dentro” attento all’invito di tanti amici dell’OMG che mi scrivevano dalla missione.

E adesso?

Faccio il Parroco di 15 000 anime, sparse in 30 comunità sui fianchi delle Cordigliere Bianca e Negra. Sono qui da fine ’81. Con me vivono due coppie di giovani sposi con figlie e volontarie italiane dell’Operazione Mato Grosso.

Che cosa fate di particolare?

Seguendo l’esempio di don Ugo, abbiamo dato vita a un laboratorio di intaglio del legno e della pietra con 26 ragazzi “campesinos”. Al termine dell’apprendistato (5 anni in regime di internato tutto gratis) entrano a far parte della “Familia artesanos don Bosco”, la Cooperativa “D. Savio” che conta 70 soci ed esporta in Italia pezzi artistici di fine qualità (mobili, statue in legno o pietra o marmo, articoli religiosi...). Abbiamo una “scuola cattolica” per 26 ragazze “campesinas” con il fine di prepararle come maestre dei “campesinos” nelle comunità più lontane. La scuola è riconosciuta dallo Stato. Infine l’oratorio con 1300 ragazzi/e, animato dai catechisti che provengono dal laboratorio e dalle catechiste della “scuola cattolica”.

Com’è la gente?

La gente è povera, ospitale, semplice.  Vive dei prodotti che la terra può dare a 3000 metri: patate, frumento, mais, avena, in piccoli fazzoletti di terreno, sui pendii delle Cordigliere. Tra gli animali, allevano in casa il “cuy”, porcellino d’India che, insieme alle patate, costituisce il piatto tipico della regione. Non ci sono fabbriche. Oltre al lavoro del campo, i “campesinos” vanno in cerca di lavori occasionali che i comuni attualmente offrono a seguito di un finanziamento che le miniere della vallata per legge passano loro. Gli anziani (e non sono pochi) bussano alla casa parrocchiale cercando viveri e medicine.

Momenti difficili?

Ho vissuto un periodo particolarmente difficile nel ’91 quando “Sendero Luminoso” irruppe di notte nella casa parrocchiale cercando i volontari italiani. Già altre volte ci avevano visitato obbligandoci a seri esami di coscienza! Giulio Rocca, 30 anni con in cuore il grande sogno di entrare in Seminario a Huaraz (come aveva chiesto a mons. Gurruchaga, vescovo salesiano della Diocesi), fu ucciso. Prelevato a forza dalla casa lo trovarono cadavere a un chilometro di distanza, a notte fonda, con un cartello a lato scritto in rosso: “No alla Carità”. Io mi trovavo alla festa di chiusura dell’Oratorio con 500 oratoriani in una comunità lontana. Fossi stato anch’io quella sera nella casa parrocchiale con tutta probabilità non sarei qui a rispondere. Così volle il Signore!

Fu un momento difficile per don Ugo e i giovani volontari cui toccava decidere se rimanere a lavorare per la povera gente o ritornare in Italia. Il vescovo di Huari lo chiese ai giovani. Risposero all’unisono che volevano proseguire nel lavoro per i poveri. Così Giulio fu il primo nostro martire della Carità!

E il Cristianesimo?

Faccio il Parroco e mi interessa il discorso della fede tra i giovani e la mia gente. Un momento forte nel cammino della fede è la preparazione alla Prima Comunione dei bambini (500 in due turni!) di tutte le comunità. Per 15 giorni nei locali della Parrocchia insegniamo loro la devozione con gesti semplici: mani giunte, genuflessione, silenzio in Chiesa, pregare, che è parlare con Gesù. Il tutto contornato da canti composti da noi, da giochi, rappresentazioni teatrali, dal quaderno scritto a mano delle lezioni e finalizzato all’incontro con il Signore nella Confessione e Eucaristia, senza tanti segni o fronzoli esteriori che a volte oscurano più che manifestare il mistero di Gesù nascosto nel tabernacolo.

Che cosa cercano i giovani?

Sono figli del loro tempo. Anche sulla Sierra peruviana sono arrivate le novità tecnologiche: la televisione, il telefono, Internet, il cellulare e tutti i mezzi di comunicazione che esercitano un grande fascino sulle giovani menti. La religione passa in secondo ordine e tanti vivono come se Dio non esistesse!

La cultura della Sierra sta cambiando e rapidamente. I giovani sognano di studiare a Lima. Sulla Sierra rimangono i poveracci, i bambini e noi con il nostro oratorio, sotto la guida instancabile di don Ugo, vogliamo seguire don Bosco che ci ricorda la cosa più importante della vita: salvarsi l’anima aiutando i poveri.